[...] la sua poesia non fa memoria del passato per illudere o per consolare del cattivo presente. I cari tempi antichi, magari quelli della civiltà contadina, così miticamente felici, semplicemente non sono mai esistiti. [...] Ma tutto il patimento rievocato senza riduzioni da Calbucci non sminuisce l’intensità del ricordo, l’affetto per i luoghi d’origine, il vigore discreto di questa poesia. [...] (dalla prefazione di G. Lauretano)