I versi della raccolta La voce che non ha fretta rappresentano una particolare stazione di posta nel percorso di vita e di scrittura di Emilio Rega, un momento di riflessione, inevitabile e totalizzante, dopo avvenimenti che, come succede agli uomini nel corso della loro vita, lo hanno trascinato oltre alle occasioni della felicità e della pienezza anche alle esperienze dello spaesamento e del dolore. La cifra inconfondibile di questa poesia è un’interferenza continua del pensiero sull’immagine, che si traduce formalmente nell’andamento piano, nel tono discorsivo, ma dentro l’intenzione lirica attraverso un armonico tessuto di consonanze e allitterazioni e talvolta attraverso sottolineature sottilmente ironiche. È l’attitudine di Rega a tradurre il dato filosofico-riflessivo in immagine poetica, in tutta un’ampia produzione di specie aforistica, e la cosa a maggior ragione si realizza in questo libro in cui, a fronte dell’esperienza del dolore personale, non si rinuncia a chiamare in causa il “dolore universale” sul quale interrogarsi per cercare una risposta. È una poesia che cerca la pista di nuovi rapporti conoscitivi, dichiarandosi come esperienza delle cose e del mondo, dentro tempi e luoghi. E c’è la predisposizione all’elaborazione poetica di spunti concettuali che intervengono a dare energia alle situazioni e ai singoli dettagli, realizzando un quadro sempre ricchissimo dalle cui immagini si ricompone la metafora di un serrato corpo a corpo dell’uomo con il mondo e la storia. (Dalla prefazione di Paolo Ruffilli)