«È l'ultimo dei poemi scritti da Puskin. Un’opera talmente critica nei confronti del potere che l’autore non la pubblicò mai in vita sua, certo che la censura zarista non lo avrebbe permesso. […] Il potere, secondo Puskin, ci fa fuori facendoci credere capaci di guidare il nostro destino con le nostre forze solitarie e perdenti.» Gianfranco Lauretano