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Rivista Internazionale di Poesia, Arte e Teatro
POESIA SPAGNOLA : Antonio Machado

poesia spagnola : ANTONIO MACHADO

anno 5 - N° 14
22 Aprile 2020

"Né marmo duro ed eterno / né musica né pittura / bensì parola nel tempo": così definiva la poesia Antonio Machado (1875-1939), voce tra le più emblematiche della Spagna dei primi decenni del Novecento. I suoi versi nascono dall'interiorità e vanno a esplorare il potere della memoria e del sogno, il mistero dell'esistenza e dei sentimenti. L'amore per Leonor, la sua giovanissima sposa, morta prematuramente di tisi, ma anche l'amore per la sua terra, dilaniata dal 1936 al 1939 dalla guerra civile. Il conflitto si riverberò in modo emblematico anche nella famiglia di Antonio, lui repubblicano e il fratello Manuel franchista: i due restarono tuttavia sempre in buoni rapporti.
Vi proponiamo una selezione di poesie tratte dall'articolo curato da Gianni Darconza nel nostro Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 7, 2019 (pp. 107-117). 


RETRATO

Mi infancia son recuerdos de un patio de Sevilla,
y un huerto claro donde madura el limonero;
mi juventud, veinte años en tierra de Castilla;
mi historia, algunos casos que recordar no quiero. 
Ni un seductor Mañara, ni un Bradomín he sido
—ya conocéis mi torpe aliño indumentario—,
mas recibí la flecha que me asignó Cupido, 
y amé cuanto ellas puedan tener de hospitalario. 
Hay en mis venas gotas de sangre jacobina,  
pero mi verso brota de manantial sereno; 
y, más que un hombre al uso que sabe su doctrina, 
soy, en el buen sentido de la palabra, bueno. 
Adoro la hermosura, y en la moderna estética
corté las viejas rosas del huerto de Ronsard;
mas no amo los afeites de la actual cosmética,
ni soy un ave de esas del nuevo gay-trinar. 
Desdeño las romanzas de los tenores huecos
y el coro de los grillos que cantan a la luna.
A distinguir me paro las voces de los ecos,
y escucho solamente, entre las voces, una. 
¿Soy clásico o romántico? No sé. Dejar quisiera
mi verso, como deja el capitán su espada:
famosa por la mano viril que la blandiera,
no por el docto oficio del forjador preciada. 
Converso con el hombre que siempre va 
conmigo
—quien habla solo espera hablar a Dios un día—; 
mi soliloquio es plática con este buen amigo
que me enseñó el secreto de la filantropía.
Y al cabo, nada os debo; debéisme cuanto he escrito.
A mi trabajo acudo, con mi dinero pago
el traje que me cubre y la mansión que habito,
el pan que me alimenta y el lecho en donde yago. 
Y cuando llegue el día del último viaje,
y esté al partir la nave que nunca ha de tornar, 
me encontraréis a bordo ligero de equipaje,
casi desnudo, como los hijos de la mar. 



RITRATTO

L’infanzia son ricordi di un patio di Siviglia,
e un orto chiaro dove maturano i limoni;
la gioventù, vent’anni in terra di Castiglia;
la mia storia, dei fatti che ricordar non voglio.
Né un seduttor Mañara, né un Bradomín son stato
– già conoscete il goffo mio modo di vestire –,
ma mi beccai la freccia che m’assegnò Cupido,
e amai quanto esse possano avere di ospitale.
Gocce ho nelle mie vene di sangue giacobina,
però il mio verso sgorga da sorgente serena;
e, più che un uomo alla moda che sa la sua dottrina,
sono, nel senso buono della parola, buono.
Adoro la bellezza, nella moderna estetica
tagliai le vecchie rose dell’orto di Ronsard;
ma non amo i belletti della cosmetica attuale,
e non son di quegli uccelli dall’allegro trillare.
Disprezzo le romanze dei frivoli tenori
e il coro di quei grilli che cantano alla luna.
A distinguere mi fermo le voci dagli echi,
e ascolto solamente, tra le voci, sol una.
Son classico o romantico? Non so. Lasciar vorrei
il mio verso, come lascia il capitano la spada:
famosa per la mano virile che la stringe,
non per il dotto ufficio del forgiator preziosa.
Converso con quell’uomo che sempre va con me
– chi parla da solo spera di parlare a Dio un giorno –;
il soliloquio è dialogo con questo buon amico
che mi insegnò il segreto della filantropia.
E in fondo, nulla vi devo; mi dovete quanto ho scritto.
Al mio lavoro adempio, con i miei soldi pago
l’abito che mi copre e la dimora che abito,
il pane che mi nutre e il letto dove giaccio.
E quando giungerà il dì dell’ultimo viaggio,
e salperà la nave che non ritorna mai,
mi troverete a bordo leggero di bagaglio,
quasi svestito, come i figli del mare.
 
 
 
HUYE DEL TRISTE AMOR, AMOR PACATO

Huye del triste amor, amor pacato,
sin peligro, sin venda ni aventura,
que espera del amor prenda segura,
porque en amor locura es lo sensato.
Ese que el pecho esquiva al niño ciego
y blasfemó del fuego de la vida,
de una brasa pensada, y no encendida,
quiere ceniza que le guarde el fuego.
Y ceniza hallará, no de su llama,
cuando descubra el torpe desvarío
que pedía, sin flor, fruto en la rama.
Con negra llave el aposento frío
de su tiempo abrirá. ¡Desierta cama,
y turbio espejo y corazón vacío!


 
FUGGE DAL TRISTE AMORE, AMOR PACATO

Fugge dal triste amore, amor pacato,
senza rischio, né benda né avventura,
che aspetta dell’amor pegno sicuro,
perché in amor pazzia è ciò che è sensato.
Colui che il petto schiva al bimbo cieco
e ha blasfemato al fuoco della vita,
di una brace pensata, e non accesa,
vuole cenere che preservi il fuoco.
Cenere troverà, non di sua fiamma,
quando scoprirà il maldestro delirio
che esigeva, senza fiore, sul ramo il frutto.
Con nera chiave l’alloggio gelato
del suo tempo aprirà. Deserto letto,
e torbido specchio e un cuore svuotato!


 
¡MADRID, MADRID! ¡QUÉ BIEN TU NOMBRE SUENA

¡Madrid, Madrid! ¡qué bien tu nombre suena,
rompeolas de todas las Españas!
La tierra se desgarra, el cielo truena,
tú sonríes con plomo en las entrañas.


 
MADRID, MADRID! COME SUONA BENE IL TUO NOME

Madrid, Madrid! come suona bene il tuo nome,
frangiflutti di tutte le Spagne!
La terra si sgretola, il cielo tuona,
tu sorridi con piombo nelle viscere.
             
Traduzione di Gianni Darconza
Da: Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 7, 2019 (pp. 107-117).