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Rivista Internazionale di Poesia, Arte e Teatro
Poesia Stati Uniti : GEORGE BRADLEY

poesia stati uniti : GEORGE BRADLEY

anno 6 - N° 17
17 Maggio 2021

George Bradley è autore di cinque libri di poesia pubblicati da Yale University Press, Knopf e The Waywiser Press. La sua prossima raccolta, A Stroll in the Rain: New & Selected Poems, è prevista per il 2021, pubblicata da Louisiana State University Press. Bradley è stato “The Yale Younger Poet” nel 1985; altri premi a lui assegnati includono il Witter Bynner Prize ricevuto dall’American Academy and Institute of Arts and Letters, il Lavan Award dall’Academy of American Poets e una borsa di studio assegnata dal National Endowment for the Humanities. Suoi lavori sono apparsi in “The New Yorker”, “Poetry”, “The Paris Review” e in molte altre riviste; sue poesie sono spesso state selezionate per il volume annuale The Best American Poetry.
George Bradley ha lavorato come operaio edile, come sommelier, come editor e come redattore pubblicitario. Al momento importa e distribuisce un olio extra vergine di oliva prodotto in un’azienda agricola in Toscana. Quando non è lì, vive a Chester, vicino a “the River of Rivers in Connecticut”. Le poesie che vi proponiamo sono tratte da A Few of Her Secrets (The Waywiser Press, 2011) e compaiono - insieme ad altre dell’autore - sull’Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 8, 2020 (Raffaelli Editore), dove sono apparse tradotte per la prima volta in lingua italiana da Simone Dubrovic.




The Serpent’s Seed

Walking into the world they were not afraid
at first, though they had every right to be:
they were young and inexperienced–by some
calculations no more than a few hours old–
and it had already been a difficult day.
In spite of interrogation and catastrophe
and a contact with divinity that set the tone
for the fall of Jerusalem and the resurrection
of blood libel and all manner of numinous
hap, they were thinking of other things.
They had recently engaged in intercourse,
and he was curious how long it might take
her to become interested in the act again;
she wondered when she could once more fall
asleep.  They had eaten forbidden fruit,
and she was thinking how that lapse
had worked, that she was his equal
now and not subservient to him as he to God;
but this was not what the man was thinking.
He thought she, too, looked capable of sweat.
So in their solitary way, their minds were full,
and they had not yet made a place for fear.    
The thing God called death and the angel
had emphasized, brandishing gladiate fire,
remained an abstraction still, and the horns
and talons and tusks and other snakes
they would meet–the
boomslang set to drop
from trees they stopped beneath for shade;
the
shushupe, twelve gracile feet and aggressive–
did not occasion any particular concern.
The man thought that was what sticks were for,
the woman that was why she accepted the man.
Not Behemoth, his bones like bars of iron,
not Leviathan, that maketh the deep to boil,
nothing that swam or crawled or flew
disheartened them, though the darkness came,
and an incidental violence gave out its cry.
Who had now the angel’s example of flame
and thereby a stratagem, had also the labor
as distraction inherent in God’s sentence,
they had not had leisure to recall, and hence
hand in hand on the subjected plain they took
it with them unawares, their fateful freight,
bearing its planted seed as she now carried his,
an afterthought that would flower over time
into mayhem and various standards of beauty,
into mutual distrust and a more-than-feral
cunning: the trepidation born of regret,
which   is what the serpent knew and gave to them
and they brought out of Eden to this earth.
   


Il seme del serpente

A camminar nel mondo non ebbero paura
dapprima, benché ne avessero ben donde:
erano giovani e inesperti – secondo alcune
valutazioni non più vecchi di qualche ora –
e già era stata una giornata difficile.
A dispetto di interrogatorio e catastrofe
e di un contatto con la divinità che diede il la
alla caduta di Gerusalemme e alla risurrezione
della calunnia del sangue e a ogni tipo di evento
numinoso, ad altre cose pensavano.
Di recente avevano consumato un amplesso,
e lui s’incuriosì di quanto lei ci avrebbe messo
per avere ancora l’interesse in quell’azione;
lei si chiese quando si sarebbe nuovamente
addormentata. Avevano mangiato del frutto
proibito e lei pensava al bell’effetto
sortito dalla caduta: gli era uguale, ora,
e non sottomessa a lui come lui a Dio;
ma questo non era ciò che pensava l’uomo.
Pensò che anche lei sembrava capace di sudore.
Così, per la solitaria via, le loro menti erano
piene, e non c’era ancora posto per la paura.
La cosa da Dio chiamata “morte”, che l’angelo
aveva rimarcato, brandendo fuoco a mo’ di spada,
rimaneva ancora un’astrazione, e le corna,
gli artigli e le zanne e tutti gli altri serpenti
che incontravano – il boomslang che cade
dagli alberi, sotto cui si fermavano per l’ombra;
lo shushupe, quattro esili metri e aggressivo –
non destarono particolare preoccupazione.
Pensò, l’uomo, che per quello servissero i bastoni,
la donna, che fosse la ragione per accettare l’uomo.
Né il Behemot, dalle ossa come spranghe di ferro,
né il Leviatàn, che fa ribollire il mare profondo,
niente che nuotasse o strisciasse o volasse
li abbatteva, nonostante l’oscurità giungesse,
e una casuale violenza il suo grido liberasse.
Chi ora aveva l’esempio del fuoco angelico
e così uno stratagemma, anche aveva la fatica
come distrazione inerente alla sentenza di Dio
– non avevano avuto tempo di ricordarselo –, perciò
mano nella mano sulla pianura soggiacente con sé
lo trasportavano ignari, il loro fatale fardello,
con dentro il seme piantato, come quello di lui in lei,
un ripensamento che sarebbe fiorito nel tempo
in tumulti brutali e vari standard di bellezza,
in reciproca sfiducia e in una più che feroce
astuzia: l’apprensione nata dal rimpianto,
ciò che il serpente conosceva e diede loro,
e che portarono dall’Eden su questa nostra terra.


 Traduzione di Simone Dubrovic Da: Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 8, 2020, pp. 109-120